giovedì 19 dicembre 2013

ricominciare ... dalla povertà

La possibilità che ciascuna persona ha di comunicare se stessa all'altro è sempre limitata: quello che ognuno può dire di sé all'altro è sempre poco; di quello che ho in fondo al cuore, il mio vicino molte volte non ne sa niente ... e per quanto possa provare a farlo capire mi rendo conto che il linguaggio, il mio linguaggio rimane uno strumento o un canale di comunicazione molto limitato e limitante, povero. 
Forse per questo di solito si dice: "a buon intenditore poche parole", oppure "non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire". Escludendo che l'interlocutore non abbia intenzione di comprendere deliberatamente ciò che si vuol dire, rimane di fatto vero che l'incomprensione è un problema diffuso e comunemente ricorrente.
Evitare i lunghi discorsi con chi è poco abituato alla riflessione può essere di certo un modo per comunicare qualcosa e limitare il rischio di incomprensione, tuttavia non si può esser certi che su una determinata questione o su una scelta di fondo si possa senza dialogo aver compreso il senso autentico attribuito dall'altro.
La scelta di iniziare un dialogo con un'altro impone ad entrambi di cominciare la conversazione utilizzando dei codici comuni, per chiarire le ambiguità e per evitare l'incomprensione e così raggiungere seppur con difficoltà il traguardo previsto: lo scambio di informazioni o addirittura il dono di sé all'altro nel servizio, come singolo o come comunità.
Per comunicare bisogna tener conto della povertà e da questa ripartire, dalla propria povertà prima ancora che da quella dell'altro.
Il linguaggio dunque è lo strumento del dialogo, il mediatore, il conduttore di scarsi segnali che se mandati con un certo ordine, conforme alla natura o alla struttura di chi lo riceve possono essere ben percepiti, memorizzati e compresi. 
La grandezza dell'uomo si può esprimere tanto nella capacità di parlare, quanto nella capacità di fare silenzio: è chiaro che il silenzio del saggio è diversamente considerato dal silenzio dello stolto ... l'attesa che ha l'interlocutore nell'ascolto, evidentemente è diversa; ogni parola è diversa dall'altra, ogni comunicazione, discorso o dialogo è diverso dall'altro.
Saper comunicare è un dono e non tutti lo posseggono, c'è infatti chi è più capace a comprendere, chi a fare, chi a consigliare. Pochi posseggono tutte queste qualità e le mettono in atto in modo virtuoso, ovvero in un modo spontaneamente moderato da prudenza e giustizia, fortezza e temperanza, nell'umiltà. 
Ripartire dalla povertà significa spogliare se stessi delle apparenze di una grandezza che sembra inaccessibile, per fare in modo che la vera grandezza, nelle vesti della semplicità e della povertà, gradualmente possa essere compresa da tutti. Perché la grandezza possa essere gradualmente riconosciuta e amata da molti è bene che si manifesti povera a pochi, nella sua semplice purezza e bellezza.
Perché una buona notizia possa essere conosciuta da tutti è bene che prima sia conosciuta da alcuni, poi da altri ... poi da molti. Se comprendiamo bene il modo di comunicare e di agire dell'uomo, possiamo ben comprendere il modo di comunicare e di agire di Dio: anche "Dio agisce con ordine e mediazioni".
Nella nascita del Cristo, nella povertà, Dio si è fatto conoscere in modo graduale dall'uomo ed ha lasciato all'uomo il piacere e il compito di comunicare Dio al mondo, nel modo "casuale" previsto da sempre dalla Provvidenza divina. Dio di fatto ha scelto di farsi conoscere attraverso la creazione e attraverso l'uomo, perfino la Sacra Scrittura che parla di Dio e rivela Dio, nel mistero dell'ispirazione, per noi rimane Parola di Dio e parola d'uomo. Il dono della fede, universalmente donato a tutti, di fatto è inizialmente accolto soltanto da alcuni, perché nel mistero anche gli altri possiamo ricominciare ad avere fiducia in un Dio che (escluso ogni errore) ci assomiglia in tutto, persino nella povertà.
  

domenica 1 dicembre 2013

aspettando buone notizie...

Se volessimo provare a distinguere il modo di agire di Dio dal modo di agire dell'uomo dovremmo certamente notare quali punti di somiglianza rendono l'uomo paragonabile al suo Creatore.
Come molte volte affermato, l'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio secondo la natura spirituale ha ricevuto intelligenza e volontà nel modo dell' "incarnazione": lo spirito dell'uomo non è quindi immaginabile con una libertà "dalla" contingenza, ma con una libertà "nella" contingenza. La natura creata rimane sottoposta al dominio dell'uomo per la libertà, lui è chiamato a rispettarla secondo il genere e il fine.
Il modo di agire liberamente dell'uomo "nella"contingenza fisica e materiale del corpo somiglia a quello di Dio nella storia per il modo in cui, dopo l'inizio della creazione e della storia, entrambi intervengono per compiere e realizzare un disegno di salvezza che dia senso pieno all'atto d'amore iniziale con cui tutto è stato voluto.
Chiaramente l'uomo ha bisogno di una luce particolare per riconoscere, in sé e fuori di sé, il senso di quel disegno o progetto di salvezza in cui si trova a partecipare in modo personale e comunitario, con sorelle e fratelli simili a lui.
La possibilità di riconoscere un senso e un buon fine nella storia permette all'uomo di vivere secondo un desiderio di giustizia, di amore e di pace che lo porti alla vera gioia interiore ed esteriore...riconoscere nel Bene il senso e il fine della storia è causa nell'uomo di un ottimismo consapevole del limite, del male e dell'errore ... ma soprattutto di un bene che ogni cosa abbraccia e supera nella perfezione.
Rispetto alla questione della libertà nella storia, sembra che l'uomo e Dio agiscano e intervengano in essa necessariamente in modo personale e soprattutto secondo un "principio di convenienza". 
L'uomo si sente veramente libero soltanto se rimane nella condizione di scegliere il bene per cui è stato creato, pur nei limiti esteriori e interiori del suo spirito e delle contingenze materiali: l'uomo si sente pienamente libero solo se può scegliere il bene da compiere per essere felice secondo un "criterio di convenienza". Perché l'agire dell'uomo possa confermarsi e perfezionarsi nel modo di una natura razionale è bene che si esprima e si realizzi in una "libertà di convenienza relazionale" spirituale e materiale, politica ed economica ... storica e sociale: con questo si intende dire, evidentemente, che per realizzare a pieno la natura umana bisogna preferire, agli eccessi dell'individualismo pratico, un modo di relazione che tenda sempre alla libertà in un contesto sociale che ha la forma di una comunità, con un fine che supera qualitativamente e quantitativamente gli interessi particolari delle singole persone e solo nella realizzazione di ciascuna di esse può compiersi a pieno.
Per comprendere quanto detto rispetto al modo di agire di Dio, è possibile prendere d'esempio l'incarnazione di Dio, del Verbo fatto Uomo, per cogliere il senso di un agire che opera liberamente secondo un "principio di convenienza" e non di necessità!
L'incarnazione di Dio, nel piccolo uomo-Dio Gesù di Nazareth, ha permesso all'uomo di avere un modello visibile per tendere spontaneamente e liberamente nell'imitazione al perfezionamento ragionevole della propria natura, nell'Amore. Il compimento della redenzione, opera esclusiva di Dio, si è realizzato infatti nella condivisione con tutta l'umanità di un atto che, nel mistero, permane come presenza di un Dio "con l'uomo, per l'uomo e nell'uomo". La liberazione dell'uomo dal peccato originale, con l'incarnazione di Dio, si è compiuta nell'umiltà e nel silenzio, perché ognuno potesse beneficiare della grazia, secondo la possibilità personale di conoscere il bene e la salvezza nell'accoglienza interiore ed esteriore. La libertà dell'uomo di scegliere la vita o la morte ha reso lui stesso consapevole del valore della libertà personale e della gratuità del dono della liberazione dall'errore e dalla morte: l'incarnazione di Dio nella storia ha ridonato all'uomo la possibilità di conoscere, grazie alla luce, il valore della propria vita e dei beni materiali, nella prospettiva e nel senso che ha secondo Colui che l'ha creata con e per Amore .            
Il modo di agire di Dio, nella prospettiva della fede cristiana, sembra dunque rendere esplicito il senso della creazione nella "obbedienza alla legge della libertà", obbedienza che realizzata per amore compie e supera, nell'umiliazione di Dio, le ragioni del dovere a favore di quelle della vera libertà. 
Per tutti in una vita quotidiana piena di povertà e ricchezza tutto ciò rimane un mistero ... tuttavia proprio nel mistero può nascere sempre in ogni persona il desidero di aspettare buone notizie...