La bontà o la malizia morale,
come abbiamo già spiegato,
dipende principalmente dalla volontà.
Ma se la volontà è buona o cattiva,
si conosce principalmente dal fine.
E per fine si prende l'atto in cui la volontà riposa.
Ma il riposarsi della volontà
o di qualsiasi appetito nel bene
è un godimento.
Perciò un uomo viene giudicato buono, o cattivo
specialmente dai godimenti della sua volontà:
infatti è buono e virtuoso colui che gode degli atti virtuosi;
ed è cattivo chi prova gusto nelle azioni malvagie.
Invece i piaceri dell'appetito sensitivo
non sono la regola della bontà o della malizia morale:
infatti il cibo è piacevole secondo l'appetito sensitivo,
sia ai buoni che ai cattivi.
Ma il volere dei buoni ne gode conforme alla ragione,
il volere dei malvagi invece di questo non cura.
Amore e desiderio sono prima del piacere in ordine genetico.
Ma il piacere è prima nell'ordine della causalità finale:
e il fine nell'agire ha ragione di principio,
dal quale appunto si desume principalmente il giudizio,
come da una regola o misura.
Ogni godimento è uniforme in questo,
che è un quietarsi in qualche bene:
e sotto questo aspetto può essere regola o misura.
Infatti buono è colui la cui volontà si acquieta nel vero bene;
e cattivo colui la cui volontà si acquieta nel male.
Il piacere, come abbiamo detto, dà compimento
all'operazione quale fine di essa;
perciò l'operazione non può essere perfettamente buona,
senza il godimento nel bene:
infatti la bontà di una cosa dipende dal fine.
Quindi la bontà del godimento in qualche modo
causa la bontà dell'operazione.
San Tommaso d'Aquino, Summa Teologica, I-II, q.34, a.4