sabato 15 luglio 2017

tra incontinenza e intemperanza

1. Talora l'ignoranza precede 
l'inclinazione dell'appetito, e ne è la causa. 

E in questo senso quanto più grande è l'ignoranza, 
tanto più sminuisce il peccato, fino a scusarlo totalmente, 
rendendolo involontario. 

Invece altre volte l'ignoranza segue l'inclinazione della volontà. 
E tale ignoranza più è grave, più aggrava il peccato: 
poiché dimostra una maggiore inclinazione dell'appetito.

Ora, questa ignoranza dell'incontinente o dell'intemperante 
deriva dal fatto che l'appetito, o volontà, è inclinato a qualche cosa: 
o spinto dalla passione, come nell'incontinente, 
o portato dall'abito, come nell'intemperante.

Ma l'ignoranza così prodotta 
è più grave nell'intemperante che nell'incontinente.

Primo, per la durata.

Poiché nell'incontinente questa ignoranza 
dura solo quanto la passione: 
come l'accesso della febbre terzana dura 
quanto i turbamento degli umori.

L'ignoranza dell'intemperante invece dura di continuo, 
per la stabilità del suo abito: 
per cui "viene paragonata all'etisia", 
o a qualsiasi malattia cronica, come scrive il Filosofo 
[Ethic. 7, 8].
Secondo, 

l'ignoranza dell'intemperante è più grave 
anche per l'oggetto ignorato. 

Infatti l'ignoranza dell'incontinente si limita a delle scelte particolari, 
giudicando cioè che questo piacere è da prendersi momentaneamente, 

mentre l'intemperante è nell'ignoranza del fine stesso, 
in quanto cioè giudica una cosa buona 
l'abbandonarsi sfrenatamente alla concupiscenza. 

Per cui il Filosofo [ib.] afferma che 
"l'incontinente è migliore dell'intemperante, 
poiché in lui si salva il principio ottimo", 
cioè la retta valutazione del fine. 

2. Per guarire dall'incontinenza non basta la sola cognizione, 
ma si richiede l'aiuto interiore della grazia che mitighi la concupiscenza, 
e inoltre si presta dall'esterno anche il rimedio 
dell'ammonizione e della correzione, 
grazie alle quali uno comincia a resistere alle concupiscenze, 
il che debilita la concupiscenza, 
come si è detto sopra [q. 142, a. 2]. 

E con gli stessi rimedi si può curare anche l'intemperante; 
ma la sua guarigione è più difficile, 
per due motivi.
Primo, 

perché la sua ragione è viziata nella valutazione del fine ultimo, 
che [nel campo pratico] è come un principio nel campo speculativo [cf. Phys. 2, 9]: 

si sa infatti che è più difficile ricondurre alla verità 
chi sbaglia nei princìpi, 
e similmente in campo pratico 
chi sbaglia riguardo al fine. 

Secondo, 

perché la cattiva inclinazione della volontà 
nell'intemperante dipende da un abito, 
che difficilmente può essere eliminato, 

mentre l'inclinazione dell'incontinente 
deriva da una passione, che è più facile reprimere.

3. Il desiderio della volontà, che aggrava il peccato, 
è più ardente nell'intemperante che nell'incontinente, 
come si è visto [nel corpo]. 

Invece il desiderio o concupiscenza dell'appetito sensitivo 
talora è più forte nell'incontinente: 
poiché egli non pecca se non per una grave concupiscenza, 

mentre l'intemperante pecca anche 
per una concupiscenza lieve, e talora la previene. 

Per questo il Filosofo [Ethic. 7, 7] afferma che 
noi condanniamo più severamente l'intemperante 
poiché egli segue il piacere 
"a mente calma e senza lo stimolo della concupiscenza", 
cioè con una concupiscenza irrilevante. 
"Che cosa infatti non farebbe 
se ci fosse la concupiscenza giovanile?".

S.T. II-II, q.156, a.3 
(Soluzione delle difficoltà)