venerdì 29 gennaio 2016

... schiavi senza padrone

Essi non verranno su navi da guerra,
non devasteranno col fuoco,
ma i libri saranno il loro unico cibo,
e con le mani impugneranno l’inchiostro.

Non con lo spirito dei cacciatori
o con la feroce destrezza del guerriero,
ma mettendo a posto ogni cosa con parole morte […] .

Avranno l’aspetto mite dei monaci,
pieni di fogli e di penne;
e voi guarderete alle vostre spalle ammirando
e desiderando un giorno […]
in cui, almeno, i pagani erano uomini.

[…] voi li riconoscerete da questi segni:
lo spezzarsi della spada,
e l’uomo che non è più un cavaliere libero,
capace di amare o di odiare il suo signore.

Sì, questo sarà il loro segno:
il segno del fuoco che si spegne,
e l’Uomo, trasformato in uno sciocco,
che non sa chi è il suo signore.

Anche se arriveranno con carta e penna 
e avranno l’aspetto serio e pulito dei chierici,
da questo segno li riconoscerete,
dalla rovina e dal buio che portano
da masse di uomini devoti al Nulla, 
diventati schiavi senza un padrone.

G. K. Chesterton, La ballata del cavallo bianco, Raffaelli editore, p. 155

sabato 23 gennaio 2016

bene, sotto un certo aspetto ...

Si deve attribuire il bene o il male ai nostri atti, 
come si attribuisce alle cose: 
poiché ogni cosa produce azioni conformi alle proprie qualità. 
Ora, in natura ogni cosa tanto possiede di bontà, 
quanto possiede di entità; poiché il bene e l'ente si equivalgono, 
come vedemmo nella Prima Parte. 

Ma Dio solo ha tutta la pienezza dell'essere nell'unità e nella semplicità: 
invece le altre cose hanno quella pienezza di essere 
che è ad esse proporzionata, in una pluralità di elementi. 
Perciò si verifica che alcune di esse possiedono l'essere, 
ma che sotto certi aspetti mancano della pienezza dell'essere loro dovuto. 

Alla completezza, p. es, dell'essere umano 
si richiede un composto di anima e di corpo, 
con tutte le potenze e gli organi della conoscenza e del moto: 
quindi, se a un uomo manca qualcuno di questi elementi, 
gli viene a mancare la pienezza del proprio essere. 

Perciò tanta è la sua bontà, quanto il suo essere: 
e nella misura che si riduce la pienezza dell'essere, 
viene a mancare di bontà, e abbiamo il male: 
cosi un cieco ha il bene della vita, 
mentre la mancanza della vista costituisce il suo male. 

Se invece non avesse niente di entità o di bontà, 
non si potrebbe parlare né di bene, né di male. 

Ma poiché proprio la pienezza dell'essere costituisce l'essenza del bene, 
se una cosa manca di un elemento, 
non si potrà denominare buona in senso assoluto, 
ma solo sotto un certo aspetto, in quanto è un ente, 
secondo le spiegazioni date nella Prima Parte.

Bisogna perciò concludere che ogni azione tanto ha di bontà, 
quanto possiede di entità: 
e quanto all'azione umana, manca di pienezza entitativa, 
per difetto di misura secondo ragione, 
o di luogo debito, oppure di altre cose del genere, 
tanto le manca di bontà, e si dice cattiva.

Il male agisce in virtù di un bene incompleto. 
Se infatti non ci fosse un minimo di bene, 
non si avrebbe un ente, e non potrebbe esserci un'azione. 
Perciò anche l'azione così prodotta è un bene incompleto, 
che è bene sotto un certo aspetto [secundum quid], 
mentre è un male assolutamente parlando.

Niente impedisce che sotto un dato aspetto 
una cosa sia in atto, così da poter agire; 
e sotto un altro aspetto sia priva di attualità, 
così da determinare un'azione minorata. 

Il cieco, p. es., possiede in atto la capacità di camminare: 
mancando però della vista, che serve a dirigersi nel cammino, 
soffre una minorazione nel camminare, e cammina incespicando.

L'azione cattiva può avere un effetto per se, 
solo per quanto possiede di bontà o di entità. 

L'adulterio, p. es., è causa della generazione umana, 
in quanto unione di un uomo con una donna, 
non in quanto è un atto privo di ragionevolezza.

San Tommaso d'Aquino, Somma Teologica, I-II, q.18, a.1