martedì 29 aprile 2014

una di quelle tre miserabili colonne...

Detto t'ò carissima figliuola, alcuna sprizzarella della vita di coloro che vivono nella santa religione, con quanta miseria egli stanno ne l'ordine col vestimento della pecora, ed essi sono lupi. Ora ti ritorno a' cherici e ministri della santa Chiesa, lamentandomi con teco dei loro difetti, oltre a quegli ch' Io t'ò narrati, sopra tre colonne di vizi, de' quali Io un'altra volta ti mostrai, lagnan domi con teco di loro, cioè della immondizia e infiata superbia e della cupidità, che per cupidità vendevano la grazia dello Spirito santo, sì come Io t'ò detto.
Di questi tre vizi l'uno dipende da l'altro, e il loro fondamento di queste tre colonne è l'amore proprio di loro medesimi. Queste tre colonne, mentre che elle stanno ritte, che per forza de l'amore delle virtù elle non diano a terra, sono sufficienti a tenere l'anima ferma e ostinata in ogni altro vizio.
Però che tutti i vizi, come detto t'ò, nascono da l'amore proprio, perché da l'amore proprio nascie il principale vizio della superbia, e l'uomo superbo è privato della dilezione della carità; e dalla superbia viene alla immondizia e a l'avarizia. E cosí s'incatenano essi stessi con la catena del diavolo.
Ora ti dico, carissima figliuola, guarda con quanta miseria d'immondizia essi lordano il corpo e la mente loro sì come detto Io te n'ò alcuna cosa. Ma un'altra te ne voglio dire, perché tu cognosca meglio la fontana della mia misericordia e abbi maggiore compassione a' miserabili a cui tocca.
E' sono alcuni che tanto sono dimoni che non che essi abbino in reverenzia il sacramento e tengano cara l'eccellenzia loro nella quale Io gli ò posti per la mia bontà, ma essi, come al tutto fuore della memoria per l'amore che avaranno posto ad alcune creature, e non potendo avere di loro quello che desiderano, faranno con incantagioni di dimonia. E col sacramento che v'è dato in cibo di vita faranno malìe per volere compire i loro miserabili e disonesti pensieri, e volontà loro mandarle in effetto. E quelle pecorelle, delle quali essi debbono avere cura e pascere l'anime e' corpi loro; essi le tormentano in questi cotali modi e in molti altri, i quali Io trapasserò per non darti più pena. Sì come tu ài veduto, le fanno andare sciarrate fuore della memoria, venendolo' in volontà, per quello che quel dimonio incarnato l'à fatto, di fare quello che elle non vogliono; e per la resistenzia che elle fanno a loro medesime, i corpi loro ne ricevono gravissime pene. Questo chi l'à fatto? e molti altri miserabili mali i quali tu sai, e non bisogna ch'Io te li narri? La disonesta e miserabile vita sua.
O carissima figliuola, la carne che è levata sopra tutti i cori degli angeli per l'unione della natura mia divina unita con la natura vostra umana, questi la dànno a tanta miseria. O abominevole e miserabile uomo, none uomo ma animale, che la carne tua, unta e consecrata a me, tu la dài alle meretrici e anco peggio! A la carne tua e di tutta l'umana generazione fu tolta la piaga che Adam l'aveva fatto per lo peccato suo, in sul legno della santissima croce col corpo piagato de l'unigenito mio Figliuolo. O misero! egli à fatto a te onore, e tu gli fai vergognia! egli t'à sanate le piaghe col sangue suo, e più, ché ne sei fatto ministro, e tu el percuoti con lascivi e disonesti peccati! Il pastore buono à lavate le pecorelle nel sangue suo, e tu gli lordi quelle che sono pure: tu ne fai la tua possibilità di
metterle nel letame. Tu debbi essere specchio di onestà, e tu se' specchio di disonestà.
Tutte le membra del corpo tuo ài dirizzate in adoperarle miserabilmente, e fai il contrario di quello che per te à fatto la mia Verità. Io sostenni che gli fussero fasciati gli occhi per te illuminare, e tu con gli occhi tuoi lascivi gitti saette avelenate ne l'anima tua, e nel cuore di coloro in cui con tanta miseria raguardi.
Io sostenni che egli fusse abeverato di fiele e d'acieto, e tu, come animale disordinato, ti diletti in cibi dilicati, facendoti del ventre tuo dio. Nella lingua tua stanno disoneste e vane parole; con la quale lingua tu se' tenuto d'amonire il prossimo tuo e d'annunziare la parola mia e dire l'offizio col cuore e con la lingua tua, e Io non ne sento altro che puzza, giurando e spergiurando come se tu fussi uno barattiere, e spesse volte bastemmiandomi. Io sostenni che gli fussero legate le mani per sciogliere te e tutta l'umana generazione dal legame della colpa, e le mani tue sono unte e consecrate ministrando il santissimo Sacramento, e tu laidamente eserciti le mani tue in miserabili toccamenti.
Tutte le tue operazioni, le quali s'intendono per le mani, sono corrotte e dirizzate nel servizio del dimonio. O misero! e Io t'ò posto in tanta dignità perché tu serva solamente a me, te ed ogni creatura che à in sé ragione!
Io volsi che gli fussero confitti i piei, facendoti scala del corpo suo, e il costato aperto, acciò che tu vedessi il secreto del cuore. Io ve l'ò posto per una bottiga aperta dove voi potiate vedere e gustare l'amore ineffabile che Io v'ò, trovando e vedendo la natura mia divina unita nella natura vostra umana: ine vedi che'l sangue, il quale tu mi ministri, Io te n'ò fatto bagno per lavare le vostre iniquità. E tu del tuo cuore ài fatto tempio del dimonio. E l'affetto tuo, il quale è significato per li piei, non tiene né offera a me altro che puzza e vitoperio: i piei de l'affetto tuo non portano l'anima altro che ne' luoghi del dimonio. Sì che con tutto il corpo tuo tu percuoti il corpo del Figliuolo mio, facendo tu il contrario di quello che à fatto egli e di quello che tu e ogni creatura sete tenuti e obligati di fare.
Questi stormenti del corpo tuo ànno ricevuto il suono in male, perché le tre potenzie de l'anima sono congregate nel nome del dimonio, colà dove tu le debbi congregare nel nome mio. La memoria tua debba essere piena de' benefizi miei, i quali tu ài ricevuti da me, ed ella è piena di disonestà e di molti altri mali. L'occhio de l'intelletto el debbi ponere col lume della fede ne l'obietto di Cristo crocifisso unigenito mio Figliuolo, di cui tu se' fatto ministro; e tu gli ài posti dinnanzi delizie e stati e ricchezza del mondo, con misera vanità. L'affetto tuo debba solamente amare me senza alcuno mezzo, e tu l'ài posto miseramente in amare le creature, e nel corpo tuo; e i tuoi animali amarai più che me. E chi me'l dimostra? La tua impazienzia che tu ài verso di me quando Io ti tollesse la cosa che tu molto ami, e il dispiacimento che tu ài al prossimo tuo quando ti paresse ricevere alcuno danno temporale da lui, e odiandolo e bastemmiandolo ti parti dalla carità mia e sua. O disaventurato te! se' fatto ministro del fuoco della divina mia carità, e tu, per li tuoi propri e disordinati diletti, e per piccolo danno che ricevi dal prossimo tuo, la perdi.
O figliuola carissima, questa è una di quelle tre miserabili colonne che Io ti narrai.

dal "Dialogo della Divina Provvidenza" di Santa Caterina da Siena
(patrona d'Italia e d'Europa)

domenica 13 aprile 2014

la Regina e lo scacco matto...al Re


Credetemi, colui che giocando a scacchi non sa dispor bene i pezzi, 

giuocherà molto male: se non sa fare scacco, non farà neppure scacco matto... 

Voi certo mi biasimerete nel sentirmi parlare di giochi... 

Dicono che qualche volta gli scacchi sono permessi; 

a maggior ragione sarà permesso a noi di usarne ora la tattica. 

Anzi, se l’usassimo spesso non tarderemmo a fare scacco matto al Re divino... 

A scacchi la guerra più accanita il re deve subirla dalla regina, 

benché vi concorrano da parte loro anche gli altri pezzi. 

Orbene non vi è regina che più obblighi alla resa il Re del cielo quanto l’umiltà. 


dal Cammino di Perfezione di santa Teresa d'Avila

venerdì 4 aprile 2014

la caccia dei cervi ... cotti e arrostiti

Il penitente, attento esploratore, fatto in questo modo il giro, deve subito accendere la lampada che arde e illumina (cf. Gv 5,35); in essa è indicata la contrizione, la quale, per il fatto che arde, per questo anche illumina. Infatti dice Isaia: “La luce d’Israe­le diverrà un fuoco e il suo Santo una fiamma; e sarà acceso e divorerà le sue spine e i suoi rovi in un giorno. La magnificenza della sua selva e del suo Carmelo sarà consumata dall’anima fino alla carne” (Is 10,17-18) .
Ecco che cosa fa la vera contrizione. Quando il cuore del peccatore si accende con la grazia dello Spirito Santo, brucia per il dolore e illumina per la cognizione di se stesso; e allora le spine, cioè la coscienza piena di triboli e di rimorsi, e i rovi, vale a dire la tormentosa lussuria, tutto viene distrutto, perché all’interno e all’esterno viene riportata la pace. E la magnificenza della selva, cioè del lusso di questo mondo, e del Carmelo, che s’inter­preta “molle”, e cioè la dissolutezza carnale, vengono estirpate dall’anima fino alla carne, poiché tutto ciò che c’è d’immondo, sia nell’anima che nel corpo, viene consumato dal fuoco della contrizione.
Fortunato colui che brucia e illumina con questa lampa­da, della quale dice Giobbe: “Lampada disprezzata nel pensiero dei ricchi, preparata per il tempo stabilito” (Gb 12,5). I pensieri dei ricchi di questo mondo sono: custo­dire le cose conquistate e sudare nel conquistarne altre; e perciò raramente o mai si trova in essi la vera contrizio­ne; essi la disdegnano perché fissano l’animo nelle cose transitorie. Infatti mentre perseguono con tanto ardore il piacere delle cose temporali, dimenticano la vita dell’ani­ma, che è la contrizione, e così vanno incontro alla morte.
Dice la Storia Naturale che la caccia ai cervi si fa in questo modo. Due uomini partono, e uno di loro zufola e canta: allora il cervo segue il canto perché ne è attrat­to; intanto il secondo scocca la freccia, lo colpisce e lo uccide. Nello stesso modo viene data la caccia ai ricchi. I due cacciatori sono il mondo e il diavolo. Il mondo davanti al ricco zufola e canta, perché gli mostra e gli promette i piaceri e le ricchezze; e mentre quello stolto lo segue incantato, perché in quelle cose trova diletto, viene ucciso dal diavolo e portato nella cucina dell’inferno per esservi cotto e arrostito.

Dai Sermoni di Sant'Antonio di Padova