domenica 10 aprile 2016

ragione pratica e discernimento

Come abbiamo visto sopra, alla legge naturale 
appartengono le cose cui l'uomo tende per natura; 

e tra queste c'è la tendenza propriamente umana 
ad agire secondo la ragione. 

Ora, è compito della ragione procedere 
dai dati più comuni a quelli propri, come spiega Aristotele. 

Tuttavia in questo la ragione speculativa 
si comporta diversamente dalla ragione pratica. 

La prima, infatti, trattando soprattutto di cose necessarie, 
che non possono essere altrimenti, 
deduce sempre nelle sue conclusioni particolari la verità, 
senza nessuna eccezione, come nei principi universali. 

Invece la ragione pratica tratta di cose contingenti, 
quali sono le azioni umane: 
perciò sebbene nei principi universali vi sia una certa necessità, 
più si scende a deduzioni particolari, più si incontrano eccezioni. 

Ecco perché in campo speculativo si ha un'identica verità per tutti, 
sia nei principi che nelle conclusioni: 
sebbene la verità non sia da tutti conosciuta nelle conclusioni, 
ma solo nei principi, che si dicono assiomi universali. 

Invece in campo pratico non è identica la verità o norma pratica, 
rispetto ai casi particolari, ma soltanto rispetto ai principi comuni: 

e anche presso quelli che accettano nei casi particolari 
un'identica norma pratica, 
questa non è ugualmente conosciuta da tutti.

Perciò è evidente che rispetto ai principi universali della ragione, 
sia speculativa che pratica, vi è per tutti un'identica verità, 
o norma, ed è ugualmente conosciuta. 

Invece rispetto alle conclusioni particolari della ragione speculativa 
vi è un'identica verità per tutti, ma non tutti la conoscono: 

infatti è vero per tutti che i tre angoli del triangolo sono uguali a due angoli retti, 
sebbene questo non tutti lo capiscano. 

Ma rispetto alle conclusioni particolari della ragion pratica, 
non c'è neppure una verità o una norma identica per tutti; 

e presso quelli in cui essa è identica, non è ugualmente conosciuta. 

Per tutti, infatti, è vero ed è giusto agire secondo ragione. 
E da tale principio segue quasi come conclusione propria, 
che le cose depositate si devono restituire. 

E ciò è vero nella maggior parte dei casi. 
Ma può capitare in un caso che ciò sia dannoso, 
e quindi sia irragionevole codesta restituzione; 
nel caso, p. es., che uno richieda il deposito 
per servirsene contro la patria. 

E le eccezioni aumentano più si scende a determinare casi particolari; 

come nel caso che si dicesse che i depositi 
si devono restituire con tali cauzioni e in quel dato modo: 
poiché più s'insiste nelle condizioni particolari, 
e più crescono i casi da eccettuare, per giustificare, 
sia la restituzione, che la non restituzione.

Quindi si deve concludere che la legge naturale 
quanto ai primi principi universali è identica presso tutti gli uomini, 
sia per la sua rettitudine oggettiva, sia per la sua conoscenza. 

Ma rispetto a certe sue applicazioni, 
che sono quasi conclusioni dei principi universali, 
è identica presso tutti e per la bontà delle sue norme 
e per la sua conoscenza, nella maggior parte dei casi: 

ma in pochi casi possono esserci delle eccezioni, 
sia quanto alla bontà delle sue norme, che quanto alla conoscenza. 

Infatti possono intervenire ostacoli particolari 
(come avviene del resto nel caso degli esseri generabili e corruttibili; 
che per ostacoli particolari non raggiungono l'effetto). 

E quanto alla conoscenza va notato 
che ci sono alcuni i quali hanno la ragione sconvolta dalle passioni, 
o dalle cattive consuetudini, oppure dalle cattive disposizioni naturali. 

Giulio Cesare, p. es., racconta 
che una volta presso i popoli della Germania 
non si considerava delittuoso il latrocinio, 
che pure è espressamente contrario alla legge naturale.


San Tommaso d'Aquino, Somma Teologica, I-II, q. 94, a. 4
http://www.fulvionapoli.it/sommateologica/somma.htm

Papa Francesco, Esortazione Apostolica post-sinodale,
Amoris Laetitia, Le norme e il discernimento (304)

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