La sinderesi non è una potenza, ma un abito:
benché alcuni l’abbiano ritenuta
per una potenza più alta della ragione;
ed altri l’abbiano identificata con la ragione,
non in quanto è ragione, ma in quanto è natura.
- Per averne l’evidenza dobbiamo considerare,
e si è già detto sopra,
che il raziocinio umano, essendo una specie di moto,
parte dalla conoscenza di alcune verità,
che sono note per natura senza il lavoro investigativo della ragione,
come da un principio immobile;
così pure ha il suo termine in qualche cosa di intuitivo,
per il fatto che giudichiamo delle cose conosciute attraverso il raziocinio,
alla luce dei principii evidenti per natura.
Ora è chiaro che, come l’intelletto speculativo ragiona delle cose speculative,
così l’intelletto pratico tratta delle cose operabili.
È dunque necessario che siano insiti in noi per natura
non solo i principii di ordine speculativo,
ma anche quelli di ordine pratico.
Ora, i primi principii della vita speculativa, insiti in noi per natura,
non appartengono a una speciale potenza,
ma a un particolare abito chiamato da Aristotele "intelletto dei principii".
Dunque neppure i principii della vita pratica, insiti in noi per natura,
appartengono a una speciale potenza,
ma a uno speciale abito naturale chiamato sinderesi.
Perciò si dice che la sinderesi spinge al bene e mormora del male,
perché mediante i primi principii noi procediamo
nell’indagine [del bene da compiere]
e giudichiamo dei risultati.
È dunque evidente che la sinderesi non è una potenza,
ma un abito naturale.
San Tommaso d'Aquino, S. T. , I, q. 79, a. 12
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