venerdì 7 agosto 2015

verso la riconciliazione ... l'indissolubilità

L'esperienza quotidiana mostra, purtroppo, 
che chi ha fatto ricorso al divorzio 
ha per lo più in vista il passaggio ad una nuova unione, 
ovviamente non col rito religioso cattolico. 

Poiché si tratta di una piaga che va, al pari delle altre, 
intaccando sempre più largamente anche gli ambienti cattolici, 
il problema dev'essere affrontato con premura indilazionabile. 

I Padri Sinodali l'hanno espressamente studiato. 
La Chiesa, infatti, istituita per condurre a salvezza tutti gli uomini 
e soprattutto i battezzati, non può abbandonare a se stessi coloro che 
- già congiunti col vincolo matrimoniale sacramentale - 
hanno cercato di passare a nuove nozze. 
Perciò si sforzerà, senza stancarsi, 
di mettere a loro disposizione i suoi mezzi di salvezza.

Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati 

a ben discernere le situazioni. 
C'è infatti differenza tra quanti sinceramente 
si sono sforzati di salvare il primo matrimonio 
e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, 
e quanti per loro grave colpa hanno distrutto 
un matrimonio canonicamente valido. 
Ci sono infine coloro che hanno contratto 
una seconda unione in vista dell'educazione dei figli, 
e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza 
che il precedente matrimonio, 
irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido.


Insieme col Sinodo, esorto caldamente i pastori 

e l'intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati 
procurando con sollecita carità 
che non si considerino separati dalla Chiesa, 
potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, 
partecipare alla sua vita. 

Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, 
a frequentare il sacrificio della Messa, 
a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità 
e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, 
a educare i figli nella fede cristiana, 
a coltivare lo spirito e le opere di penitenza 
per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. 

La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, 
si dimostri madre misericordiosa 
e così li sostenga nella fede e nella speranza.


La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, 

fondata sulla Sacra Scrittura, 
di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. 

Sono essi a non poter esservi ammessi, 
dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita 
contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore 
tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. 
C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: 
se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, 
i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione 
circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio.


La riconciliazione nel sacramento della penitenza 

- che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico - 
può essere accordata solo a quelli che, 
pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, 
sono sinceramente disposti ad una forma di vita 
non più in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio. 

Ciò comporta, in concreto, 
che quando l'uomo e la donna, per seri motivi 
- quali, ad esempio, l'educazione dei figli - 
non possono soddisfare l'obbligo della separazione, 
«assumono l'impegno di vivere in piena continenza, 
cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» 
(Giovanni Paolo PP. II, 
7 [25 Ottobre 1980]: AAS 72 [1980] 1082).


Similmente il rispetto dovuto sia al sacramento del matrimonio 

sia agli stessi coniugi e ai loro familiari, 
sia ancora alla comunità dei fedeli proibisce ad ogni pastore, 
per qualsiasi motivo o pretesto anche pastorale, 
di porre in atto, a favore dei divorziati che si risposano, 
cerimonie di qualsiasi genere. 
Queste, infatti, darebbero l'impressione 
della celebrazione di nuove nozze sacramentali valide 
e indurrebbero conseguentemente in errore 
circa l'indissolubilità del matrimonio validamente contratto.


Agendo in tal modo, 

la Chiesa professa la propria fedeltà a Cristo e alla sua verità; 
nello stesso tempo si comporta con animo materno 
verso questi suoi figli, specialmente verso coloro che, 
senza loro colpa, sono stati abbandonati dal loro coniuge legittimo.


Con ferma fiducia essa crede che, 
anche quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore 
ed in tale stato tuttora vivono, 
potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza, 
se avranno perseverato nella preghiera, 
nella penitenza e nella carità.

San Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 84

http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/
documents/hf_jp-ii_exh_19811122_familiaris-consortio.html

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