mercoledì 8 luglio 2015

in base alla diversità delle cose

Nella giustizia distributiva viene attribuito qualche cosa, 
come abbiamo visto, a delle persone private, 
in quanto ciò che è proprio del tutto è dovuto alle parti

E l'attribuzione è tanto più grande, 
quanto la parte ha maggiore importanza nel tutto. 

Ecco perché nella giustizia distributiva 
a una persona vien dato tanto del bene comune 
quanto è maggiore la sua importanza nella collettività. 

La quale importanza in uno stato aristocratico è valutata in base alla virtù, 
in una oligarchia è valutata in base alle ricchezze, 
e in una demagogia in base alla semplice libertà; 
e così via. 

Perciò nella giustizia distributiva il giusto mezzo 
non viene determinato secondo l'equivalenza di una cosa con un'altra, 
ma secondo una proporzionalità delle cose alle persone: 

cosicché, come una persona è superiore all'altra, 
così le cose che vengono date a una persona 
sono superiori a quelle date ad un'altra. 

Ecco perché il Filosofo scrive 
che tale giusto mezzo è secondo la "proporzionalità geometrica", 
in cui l'equivalenza non è fondata sulla quantità, ma su una proporzione; 

come quando diciamo che 6 sta a 4, come 3 sta a 2. 

Poiché in tutti e due i casi abbiamo una proporzione sesquialtera, 
in cui il numero maggiore contiene il minore una volta e mezzo; 
mentre manca un'equivalenza tra le rispettive eccedenze, 

ché il 6 supera il 4 di due, invece il 3 supera il 2 di 1.


Al contrario nelle permute, o commutazioni, 
a una singola persona viene contraccambiato qualcosa 
per un bene che le apparteneva: 
com'è evidente specialmente nella compravendita, 
da cui si è formato per primo il concetto di commutazione. 

Ecco perché qui bisogna adeguare cosa a cosa: 
in modo che quanto uno ha in più, per averlo ricevuto da un altro, 
lo restituisca tutto al legittimo padrone. 

In tal modo si ha un'equivalenza secondo un giusto mezzo "aritmetico", 
fondata sull'uguaglianza quantitativa tra avanzo e disavanzo: 

il 5, p. es., è il giusto mezzo tra il 6 e il 4. 
Perciò se in principio due persone avevano entrambe 5, 
e una di esse ha ricevuto 1 dall'altra, il primo avrà 6 e l'altro rimarrà con 4. 

Si avrà dunque giustizia se entrambi vengano ricondotti al giusto mezzo, 
prendendo 1 da chi aveva 6, e dandolo a chi era rimasto con 4: 
e allora entrambi avranno 5, che è appunto il giusto mezzo.

Nelle altre virtù morali il giusto mezzo viene determinato 
secondo la ragione e non secondo le cose. 

Invece nella giustizia abbiamo un giusto mezzo reale: 
ecco perché il giusto mezzo va determinato 
in base alla diversità delle cose.


La forma universale della giustizia è l'uguaglianza, 
nella quale la giustizia distributiva concorda con quella commutativa. 
Nella prima però abbiamo l'uguaglianza basata 
su una proporzionalità geometrica, 
nella seconda su una proporzionalità aritmetica.

Negli atti e nelle passioni umane 
la condizione di persona incide sulla grandezza di una cosa: 
è infatti un'ingiuria più grave percuotere chi comanda 
che percuotere una persona privata. 

E quindi la condizione di persona nella giustizia distributiva 
è considerata direttamente per se stessa; 
invece nella giustizia commutativa 
è considerata solo in quanto essa differenzia le cose.

San Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, II-II, q.61, a.2

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