martedì 21 luglio 2015

gioia della volontà: fine, regola, misura

La bontà o la malizia morale, 
come abbiamo già spiegato, 
dipende principalmente dalla volontà

Ma se la volontà è buona o cattiva, 
si conosce principalmente dal fine. 
E per fine si prende l'atto in cui la volontà riposa. 

Ma il riposarsi della volontà 
o di qualsiasi appetito nel bene 
è un godimento. 

Perciò un uomo viene giudicato buono, o cattivo 
specialmente dai godimenti della sua volontà: 
infatti è buono e virtuoso colui che gode degli atti virtuosi; 
ed è cattivo chi prova gusto nelle azioni malvagie.

Invece i piaceri dell'appetito sensitivo 
non sono la regola della bontà o della malizia morale: 
infatti il cibo è piacevole secondo l'appetito sensitivo, 
sia ai buoni che ai cattivi. 

Ma il volere dei buoni ne gode conforme alla ragione, 
il volere dei malvagi invece di questo non cura.

Amore e desiderio sono prima del piacere in ordine genetico. 

Ma il piacere è prima nell'ordine della causalità finale: 
e il fine nell'agire ha ragione di principio, 
dal quale appunto si desume principalmente il giudizio, 
come da una regola o misura.

Ogni godimento è uniforme in questo, 
che è un quietarsi in qualche bene: 
e sotto questo aspetto può essere regola o misura. 

Infatti buono è colui la cui volontà si acquieta nel vero bene; 
e cattivo colui la cui volontà si acquieta nel male.

Il piacere, come abbiamo detto, dà compimento 
all'operazione quale fine di essa; 
perciò l'operazione non può essere perfettamente buona, 
senza il godimento nel bene: 
infatti la bontà di una cosa dipende dal fine. 

Quindi la bontà del godimento in qualche modo 
causa la bontà dell'operazione.

San Tommaso d'Aquino, Summa Teologica, I-II, q.34, a.4

Nessun commento:

Posta un commento