domenica 15 novembre 2015

oltre i limiti della ragione ...?


Mediante la giustizia originale 
la ragione dominava perfettamente le potenze inferiori dell'anima, 
ed essa stessa era sublimata dalla sua sottomissione a Dio. 

Ma la giustizia originale fu distrutta, 
come abbiamo detto, dal peccato di Adamo. 

E quindi tutte le facoltà dell'anima 
rimangono come destituite del proprio ordine, 
dal quale erano indirizzate naturalmente alla virtù: 
e codesta destituzione si dice che è un ferimento della natura. 

Ora, quattro sono le potenze dell'anima 
che possono essere sede di virtù, come sopra abbiamo visto: 
la ragione, in cui risiede la prudenza; 
la volontà, in cui si trova la giustizia; 
l'irascibile, sede della fortezza; 
il concupiscibile, sede della temperanza. 

Perciò dal momento che la ragione è destituita del suo ordine alla verità, 
si ha la ferita dell'ignoranza; 
con la perdita dell'ordine che la volontà sperimenta per il bene, 
si ha la ferita della malizia; 

privando l'irascibile del suo ordine alle cose ardue, 
si ha la ferita della fragilità; 
e togliendo alla concupiscenza il suo ordine al bene dilettevole
regolato dalla ragione, 
si ha la ferita della concupiscenza.

Quindi sono quattro le ferite inflitte 
a tutta la natura umana dal peccato di Adamo. 

Siccome però l'inclinazione al bene 
viene menomata in ciascuno anche dal peccato attuale, 
come sopra abbiamo dimostrato, 
queste quattro piaghe accompagnano pure gli altri peccati; 

col peccato, cioè, la ragione si offusca, 
specialmente in campo pratico; 
la volontà diviene restia al bene; 
cresce l'interna difficoltà a ben operare; 
e la concupiscenza si accende.

Niente impedisce che l'effetto di un peccato sia causa di un altro. 

Infatti dal momento che l'anima viene disordinata da un peccato, 
più facilmente è inclinata a peccare.

Malizia qui non sta a indicare il peccato, 
ma una certa predisposizione della volontà al male, 
secondo l'espressione della Genesi: 
"I sensi e i pensieri del cuore umano inclinano 
al male sin dall'adolescenza".

Come abbiamo già detto, 
la concupiscenza è naturale per l'uomo in quanto sottostà alla ragione. 
Ma quando passa i limiti della ragione è contro natura.

In senso lato si può chiamare fragilità qualsiasi passione, 
in quanto debilita le forze dell'anima e ostacola la ragione. 
Ma Beda qui prende la fragilità in senso stretto, 
come contrapposta alla fortezza, propria dell'irascibile.

Il testo di S. Agostino citato nella difficoltà include 
le tre piaghe che si riscontrano nelle potenze appetitive, 
e cioè la malizia, la fragilità e la concupiscenza: 
infatti da esse dipende che uno non tenda con facilità al bene. 
L'errore, poi, e il dolore sono piaghe conseguenti: 
poiché uno si addolora per il fatto che si sente debole 
di fronte alle proprie concupiscenze.


San Tommaso d'Aquino, Somma Teologica, I-II, q. 85, a. 3
http://www.genesibiblica.eu/docu/summa-85-peccato.html

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