lunedì 3 aprile 2017

in modo proporzionale


È impossibile che si predichi qualcosa di Dio 
e delle creature in senso univoco.
 
Poiché ogni effetto 
che non è proporzionato alla potenza della causa agente 
ritrae una somiglianza dell'agente 
non secondo la stessa natura, ma imperfettamente; 

in maniera che quanto negli effetti si trova diviso e molteplice, 
nella causa è semplice e uniforme: 
come il sole mediante un'unica energia produce 
nelle cose di quaggiù forme molteplici e svariate. 

Allo stesso modo, come si è detto [a. prec.], 
tutte le perfezioni delle cose, 
che nelle creature sono frammentarie e molteplici, 
in Dio preesistono in semplice unità. 

Così dunque, quando un nome che indica perfezione 
viene applicato a una creatura, 
significa quella perfezione come distinta dalle altre, 
secondo la nozione espressa dalla definizione: 

p. es., quando il termine sapiente lo attribuiamo all'uomo, 
indichiamo una perfezione distinta 
dall'essenza dell'uomo, dalla sua potenza, 
dalla sua esistenza e da altre cose del genere. 

Quando invece attribuiamo questo nome a Dio 
non intendiamo indicare qualcosa di distinto 
dalla sua essenza, dalla sua potenza e dal suo essere. 

Per conseguenza, 
se è applicato all'uomo, il termine sapiente circoscrive, in qualche modo, 
e racchiude la qualità che esprime; 
non così invece se è applicato a Dio: 
perché [in tal caso] lascia la perfezione indicata senza delimitazione, 
e nell'atto di oltrepassare il significato del nome. 

Quindi è chiaro che il termine sapiente si dice di Dio e dell'uomo 
non secondo l'identico concetto [formale]. 

E così è di tutti gli altri nomi. 

Quindi nessun nome viene attribuito in senso univoco 
a Dio e alle creature.

 Ma nemmeno in senso del tutto equivoco, 
come alcuni hanno affermato. 

Poiché in tal modo nulla si potrebbe conoscere o dimostrare 
intorno a Dio partendo dalle creature, 
ma si cadrebbe continuamente nel sofisma chiamato 
"equivocazione". 

E ciò sarebbe in contrasto sia con i filosofi, 
i quali dimostrano molte cose su Dio, sia con l'Apostolo, 
il quale dice [Rm 1, 20] che "le sue perfezioni invisibili 
possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute". 

Si deve dunque concludere che tali termini 
vengono affermati di Dio e delle creature in modo analogico, 
cioè proporzionale. 

E ciò avviene in due maniere: 

o perché più termini dicono ordine a un termine unico 
[originario e inderivato] 
- come sano si dice della medicina e dell'orina, 
inquantoché l'una e l'altra dicono un certo ordine 
e un rapporto alla sanità dell'animale, 
questa come segno, quella come causa, -, 

oppure perché un termine presenta [corrispondenza o] proporzione con un altro, 
come sano si dice della medicina e dell'animale in quanto la medicina 
è causa della sanità che è nell'animale. 

E in questo modo alcuni nomi 
si dicono di Dio e delle creature analogicamente, 
e non in senso puramente equivoco, 
e neppure univoco. 

Infatti noi non possiamo parlare di Dio 
se non partendo dalle creature, come sopra [a. 1] si è detto. 

E così, qualunque termine si dica di Dio e delle creature, 
lo si dice per il rapporto che le creature hanno con Dio 
come al principio o alla causa in cui preesistono in modo eccellente 
tutte le perfezioni delle cose. 

E questo modo di comunanza sta in mezzo 
tra la pura equivocità e la semplice univocità, 
poiché nei nomi detti per analogia 
non vi è una nozione unica come negli univoci, 
né totalmente diversa, come negli equivoci, 

ma il nome che analogicamente è applicato a più soggetti 
significa diverse proporzioni riguardo a una medesima cosa: 

come sano detto dell'orina indica il segno della sanità, 
mentre detto della medicina significa la causa della stessa sanità.

San Tommaso d'Aquino, Somma Teologica I, q. 13, a. 5

Nessun commento:

Posta un commento