giovedì 25 giugno 2015

le virtù minori del padrone di sè

Niente impedisce che certe virtù, pur non essendo tra le più importanti 
in senso assoluto e in tutto e per tutto, lo siano in un determinato genere. 

Ora, non è possibile che la clemenza e la mansuetudine 
siano le virtù più importanti in senso assoluto. 

Poiché il loro vanto sta nel ritrarre dal male, 
in quanto diminuiscono l'ira e il castigo. 

Ed è cosa più perfetta conseguire il bene che evitare il male. 

Perciò le virtù che direttamente ordinano al bene, 
come la fede, la speranza e la carità, nonché la prudenza e la giustizia, 
sono superiori in senso assoluto alla clemenza e alla mansuetudine.

Ma in senso relativo niente impedisce che queste ultime 
abbiano una certa superiorità tra le virtù 
che resistono ai sentimenti cattivi. 

L'ira infatti, per la sua virulenza, 
che viene moderata dalla mansuetudine, 
è l'ostacolo più grave a che la ragione umana 
giudichi liberamente la verità. 

Per questo è soprattutto la mansuetudine a rendere l'uomo padrone di sé; 
di qui le parole dell'Ecclesiastico: 
"Figliolo, custodisci nella mansuetudine l'anima tua". 

Le concupiscenze relative ai piaceri del tatto 
sono però più vergognose e più insistenti: 

per questo è posta tra le virtù principali la temperanza, 
come sopra abbiamo spiegato. 

La clemenza invece, col diminuire i castighi, 
si avvicina assai alla carità, che è la virtù più importante, 
e con la quale facciamo del bene al prossimo e ne alleviamo il male.

[...] 

La mansuetudine e la clemenza 
rendono accetti a Dio e agli uomini 
in quanto, con l'evitare il male del prossimo, 
concorrono a un medesimo effetto con la carità 
che è la più grande delle virtù.

San Tommaso d'Aquino, Summa teologica, II-II, q.157, a.4

2 commenti:

  1. Il bene e il male non sono oggettivi. Sono solo giudizi, interpretazioni della mente umana...la dualità intesa come contrasto bene-male è stata costruita nel corso dei millenni e perpetutata con l'insegnamento di generazione in generazione. La percezione condizionata del bene o del male porta alla sofferenza...il giudizio implica sempre la sofferenza. Ecco il senso del non giudicare e del porgere l'altra guancia di cui Gesù nel Vangelo...poi la religione cristiana ne ha fatto un'interpretazione moralistica sempre allo scopo di installare nell'uomo il timor di Dio per esercitare controllo. Se l'uomo avesse agito sin dall'inizio esprimendo l'uno che è in sé non avrebbe generato i concetti soggettivi del bene e del male...in realtà è proprio il non giudizio che corrisponde al "bene"

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  2. Penso che generalmente adeguiamo il nostro modo di conoscere al bene oggettivo che ci circonda e che, simultaneamente, il bene oggettivo si adegui al nostro modo soggettivo di conoscere

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