Come scrive S. Agostino [De pat. 4],
"è la forza del desiderio che produce
la sopportazione delle fatiche e dei dolori;
e nessuno accetta di sopportare il dolore se non per ciò che piace".
E questo perché l'animo di per sé
aborrisce la tristezza e il dolore,
e quindi mai accetterebbe il dolore per se stesso,
ma solo per uno scopo.
È quindi necessario che il bene per cui uno accetta di soffrire
sia più bramato e amato di quel bene la cui privazione produce il dolore
che sopportiamo con pazienza.
Ora, il fatto che uno preferisca il bene soprannaturale
a tutti i beni naturali,
la cui perdita può arrecare dolore,
è dovuto alla carità, che ama Dio sopra tutte le cose.
Perciò è evidente che la pazienza, in quanto virtù,
è causata dalla carità,
secondo le parole di S. Paolo [1 Cor 13, 4]:
"La carità è paziente".
D'altra parte è noto che la carità non può aversi senza la grazia,
come dice lo stesso Apostolo [Rm 5, 5]:
"La carità di Dio è stata riversata nei nostri cuori
per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato".
È quindi evidente che non si può avere la pazienza
senza l'aiuto della grazia.
Soluzione delle difficoltà:
1. Se la natura umana fosse integra,
in essa prevarrebbe l'inclinazione della ragione,
ma nella natura corrotta prevale
l'inclinazione della concupiscenza,
che ha il predominio nell'uomo.
Perciò l'uomo è più disposto a soffrire
là dove la concupiscenza può godere al presente,
che non a sopportare dei mali per dei beni futuri
desiderati solo dalla ragione,
il che appartiene alla vera pazienza.
2. Il bene di ordine sociale, o politico,
è proporzionato alla natura umana.
Quindi anche senza l'aiuto della grazia santificante,
non però senza l'aiuto di Dio,
la volontà umana può tendere ad esso.
Ma il bene proprio della grazia è soprannaturale.
Perciò l'uomo non può tendervi con la sua capacità naturale.
Per cui il paragone non regge.
3. Anche la sopportazione dei mali
che uno accetta per la salute del corpo
deriva dall'amore naturale che l'uomo ha per la sua carne.
Perciò l'argomento non vale per la pazienza,
che deriva da un amore soprannaturale.
San Tommaso d'Aquino, Somma Teologica, II-II, q. 136, a. 3
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