mercoledì 13 luglio 2016

l'ultima felicità ... la verità


Se dunque l’ultima felicità dell’uomo 
non consiste nei beni esteriori, denominati beni di fortuna; 
e neppure nei beni del corpo, 
o nei beni dell’anima rispetto alla parte sensitiva, 
o negli atti delle virtù morali rispetto a quella intellettiva; 
e neppure negli atti intellettivi relativi all’operare, 
ossia nell’esercizio dell’arte e della prudenza, 
rimane che l’ultima felicità dell’uomo consiste 
nella contemplazione della verità.

Infatti quest’ultima attività è l’unica propria dell’uomo 
e non ne partecipa affatto nessun altro animale.

Inoltre essa non è ordinata a nessun altro scopo, 
poiché la contemplazione della verità viene cercata per se stessa.

In più, mediante quest’attività 
l’uomo si unisce per somiglianza con gli esseri superiori, 
poiché tra tutte le attività umane, 
questa soltanto si trova anche in Dio e nelle sostanze separate. 
Anzi, con essa egli raggiunge questi esseri superiori 
mediante una qualche conoscenza.

E per esercitarla l’uomo è più che per altre sufficiente a se stesso, 
perché per essa si richiede un minimo di aiuto dalle cose esterne.

Inoltre, tutte le attività umane sembrano ordinate a questa funzione. 
Infatti per la perfezione della contemplazione 
si richiede il benessere del corpo, 
al quale sono ordinati tutti i prodotti dell’arte necessari alla vita. 

Si richiede inoltre il placarsi dei turbamenti delle passioni, 
al quale si giunge con le virtù morali e con la prudenza; 
e l’esclusione di turbamenti esterni, 
cui è ordinato tutto il governo della vita civile. 
Cosicché, considerando bene le cose, 
tutte le professioni umane sembrano a servizio 
di coloro che contemplano la verità.

Ora, non è possibile che l’ultima felicità dell’uomo 
consista nella contemplazione relativa ai primi princìpi, 
la quale è imperfettissima in quanto troppo generica, 
e contiene la conoscenza delle cose solo in potenza; 

questa inoltre è il principio e non il termine dello studio umano, 
derivando in noi dalla natura e non dalla ricerca della verità. 

E neppure può consistere nelle scienze delle cose più basse, 
perché la felicità deve consistere in un’operazione dell’intelletto 
riguardo i più nobili oggetti intelligibili. 

Perciò l’ultima felicità dell’uomo deve consistere 
nella contemplazione della sapienza circa le verità divine.

È così dimostrato, anche per via d’induzione, 
quanto sopra abbiamo provato con argomenti diretti, 
che cioè l’ultima felicità dell’uomo 
consiste solo nella contemplazione di Dio.

Somma contro i Gentili, Libro III, cap. XXXVII, 
tr. it. di Tito S. Centi, Utet, Torino 1997, pp. 625-626.

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