martedì 14 giugno 2016

il male: finito o infinito?

... il male non può distruggere totalmente il bene. 

E per averne l’evidenza bisogna considerare 
che il bene è di tre specie. 
C’è quello che viene completamente eliminato dal male: 
e questo è il bene direttamente opposto a quel dato male: 
come la luce viene totalmente eliminata dalle tenebre, 
e la vista dalla cecità. 

C’è un altro bene, invece, 
che non solo non è eliminato totalmente dal male, 
ma neppure ne resta menomato: 
ed è quello che costituisce il soggetto del male: 
infatti al sopraggiungere delle tenebre 
la sostanza dell’aria non subisce minorazioni. 

C’è infine un bene che viene a essere menomato dal male 
senza esserne eliminato completamente: 
e questo bene è l’attitudine di un soggetto verso atti determinati. 

Ora, la diminuzione di questo bene 
non deve essere concepita come una sottrazione, 
come avviene nella quantità, ma come un indebolimento, 
nel modo in cui si verifica la diminuzione delle qualità e delle forme. 

E l’indebolimento di questa attitudine 
va concepito come il contrario della rispettiva intensificazione. 
Infatti questa attitudine viene a essere intensificata 
per mezzo delle disposizioni, 
da cui la materia è preparata all’atto; 

disposizioni che quanto più si moltiplicano in un soggetto, 
tanto più lo rendono adatto a ricevere la perfezione e la forma. 

Viene invece a rilassarsi a causa delle disposizioni contrarie; 

che quanto più si moltiplicano nella materia 
e quanto più sono intense, 
tanto più fanno diminuire la potenzialità rispetto all’atto. 

Se quindi le disposizioni contrarie 
non si possono moltiplicare e intensificare all’infinito, 
ma solo fino a un certo punto, non si potrà neppure 
diminuire e indebolire all’infinito l’attitudine suddetta. 

Come è evidente per le qualità attive e passive degli elementi: 
infatti il freddo e l’umido, da cui dipende 
la diminuzione e l’indebolimento dell’attitudine della materia al fuoco, 
non si possono moltiplicare all’infinito. 

– Se invece si possono moltiplicare all’infinito 
le disposizioni contrarie, 
allora anche la predetta attitudine 
diminuirà e si indebolirà all’infinito. 

Tuttavia non verrà mai a essere del tutto eliminata: 
poiché resta nella sua radice, che è la sostanza del soggetto. 

Se per es. si interponessero tra il sole e l’aria infiniti corpi opachi, 
si diminuirebbe all’infinito l’attitudine dell’aria alla luce, 
ma non la si eliminerebbe totalmente, perché rimane l’aria, 
che per natura è trasparente [alla luce]. 

E allo stesso modo si può verificare un’addizione nei peccati, 
per cui l’attitudine dell’anima alla grazia viene sempre più a diminuire; 
i quali peccati sono come degli ostacoli interposti tra noi e Dio, 
secondo il detto di Isaia: 
"Le vostre iniquità hanno scavato un abisso tra voi e il vostro Dio". 

E tuttavia non viene distrutta completamente 
nell’anima la predetta attitudine: 
poiché deriva dalla sua stessa natura. 


Soluzione delle difficoltà: 

1. Quel bene che è direttamente opposto al male 
viene eliminato completamente, 
ma non vengono soppressi totalmente gli altri beni, 
come si è detto. 

2. L’attitudine di cui si è parlato sta in mezzo tra il soggetto e l’atto. 
E così in rapporto all’atto viene a essere menomata dal male, 
ma in rapporto al soggetto rimane inalterata. 
Quindi, nonostante che il bene in sé considerato sia omogeneo, 
tuttavia, dati i suoi rapporti con realtà diverse, 
può essere distrutto non totalmente, ma solo in parte. 

3. Alcuni, immaginando la diminuzione del bene 
di cui ora si è parlato alla maniera della diminuzione di una quantità, 
rispondevano che, come si può dividere all’infinito 
una quantità continua praticando la divisione 
secondo una data proporzione 
(p. es. prendendo sempre la metà della metà, 
oppure un terzo di un terzo), 
così avviene nel caso presente. 

– Ma questa ragione qui non vale. 

Poiché nella suddivisione 
fatta secondo una data proporzione si sottrae 
[successivamente] una quantità sempre minore: 
infatti la metà della metà è meno della metà dell’intero. 

Invece il secondo peccato non [sempre] rovina meno del primo 
l’attitudine di cui si è parlato, ma forse ugualmente, o anche di più. 

Bisogna perciò affermare che questa attitudine, 
sebbene sia qualcosa di finito, può tuttavia diminuire, 
non per se stessa, ma indirettamente, all’infinito, 
nella misura in cui le disposizioni contrarie aumentano anch’esse all’infinito, 
nel modo che abbiamo indicato.

San Tommaso d'Aquino, Somma Teologica, I, q. 48, a. 4

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