mercoledì 8 giugno 2016

la virtù infusa e i pochi mezzi


Perché l’atto di una facoltà inferiore sia perfetto 
si richiede la perfezione non soltanto nelle facoltà superiori,
ma anche in quelle inferiori: 
infatti, anche se l’agente principale è debitamente disposto, 
non può seguirne un’azione perfetta 
se manca la buona disposizione dello strumento. 

Ora, affinché l’uomo operi il bene 
rispetto alle cose ordinate al fine, 
è necessario che abbia non solo la virtù 
che lo dispone bene riguardo al fine stesso, 
ma anche le virtù atte a ben disporlo alle azioni ordinate al fine: 
poiché la virtù che ha per oggetto il fine 
è come principale e movente rispetto a quelle che sono ordinate al fine. 

Perciò assieme alla carità 
è necessario avere anche le altre virtù morali. 

Capita talvolta, per una difficoltà nata dall’esterno, 
che chi possiede un abito provi difficoltà nell’operare, 
e quindi non senta piacere e compiacimento nell’atto: 

è il caso p. es. di chi, avendo l’abito della scienza, 
per la sonnolenza o per una infermità 
prova difficoltà nell’intendere. 

E allo stesso modo talora gli abiti delle virtù morali infuse 
risentono una certa difficoltà nell’operare 
a causa di certe disposizioni contrarie lasciate dagli atti precedenti. 

Difficoltà che invece non si riscontra 
allo stesso modo nelle virtù morali acquisite: 
poiché mediante l’esercizio degli atti con cui queste vengono acquisite 
vengono anche tolte le disposizioni contrarie. 

Si dice che alcuni santi non hanno certe virtù 
a motivo delle difficoltà che provano nei corrispettivi atti, 
per il motivo indicato sopra; 
sebbene essi abbiano l’abito di tutte le virtù.

San Tommaso d'Aquino, Somma Teologica, I-II, q. 65, a. 3

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